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IN FONDO ALLA CRISI C'E' UNO SPECCHIO

di Manuela Barbarossa



Da un punto di vista psicoanalitico oggi in Italia, con l’allarme da coronavirus, e le misure restrittive della vita personale e collettiva, si è vissuti per settimane dentro lo scenario inquietante che mette in gioco la contrapposizione psichica vita/morte, Eros-Thanatos, attivando negli individui ossessioni, angosce, fobie, tutte riconducibili alla paura della morte e del mondo che diviene pericoloso. Come diviene pericoloso il tuo simile che potrebbe infettarti attivando quella paranoia del contagio, sulla quale sono state scritte pagine psicoanalitiche memorabili. È significativo ed emblematico che di fronte al pericolo invisibile come un virus del quale puoi vederne solo gli effetti, di fronte alle paure scatenate dalla propaganda che utilizza numeri costantemente serviti al pubblico in un continuum ossessivo, anche se, come già detto, siamo lontani dalla verità, queste paure si situano in uno spazio psichico borderline tra reale e immaginario indotto, dando vita ad una dicotomia tra dentro e fuori, dove il fuori è pericolo e il dentro è sicurezza.


I cittadini sono stati condotti attraverso una sorta di trauma collettivo, una attivazione di aspetti fantasmatici depressivi le cui conseguenze psicogene saranno potenti. Ad una Entzweiung, una dissociazione che porta a dubitare di tutto. Nulla è più certo. Ad una forma di alienazione sociale che ha solo connotati patologici e non certo evolutivi. Una contrapposizione tra l’interno e l’esterno, divenuto l’esterno, improvvisamente minaccioso, letale, nefasto e che trova un correlato reale nell’obbligo di essere costretti a restare chiusi in casa per decreto, a causa di un virus ancora oggi poco chiaro, in tutti i suoi aspetti, anche epidemiologici.

Questa condizione di minorità in cui siamo stati sprofondati, induce ad un ripiegamento su noi stessi di natura regressiva. Viene meno la possibilità di essere ciò che siamo. E di esserlo nel mondo. Alla luce del sole. Viene meno l’autodeterminazione. Sviliti nel rispetto di noi stessi, e nella nostra più intima sensibilità, siamo stati immersi in un disordine esistenziale indotto dal panico e da un confusione sulla causa di questa situazione.

Ci si domanda, ora, dove quelle premesse ci stanno conducendo.


Ma le troppe parole e notizie somministrate continuamente dalla propaganda, come un farmaco, ci porteranno ad una graduale assuefazione, tale per cui diminuirà la loro efficacia. E allora sorgeranno domande. E si cercheranno risposte. Nel frattempo resta nell’inconscio, un pensiero salvificus figlio di quei valori della tradizione occidentale, tenuto silente dall’eccesso di rumore aggressivo e totalizzante; un pensiero sempre attivo come una fiammella, che ci indica che alla fine della strada c’è sempre uno specchio, dove si rifletterà la verità e il tuo sguardo su te stesso.


Nel capitolo V “La funzione della filosofia e della cultura“ del saggio Ideale e reale di Luciano Frasconi leggiamo: “Alla crisi dei cosiddetti valori, non corrisponde semplicemente l’emancipazione individuale dal peso o dal potere della tradizione, quanto piuttosto un più subdolo asservimento dell’uomo alla società…,” Torna alla mente il mito platonico della caverna, dove finché si sta dentro ad uno spazio angusto e buio, quello della paura, non si vede la luce. E senza la luce si crea la condizione in cui di notte “tutte le vacche sono nere”, per parafrasare una famosa espressione usata da Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito. Il senso della differenza, oggi più che mai, in una società che tende a equiparare tutto, ad omologare anche il non omologabile, è fondamentale. La situazione che si è venuta a creare nel nostro paese, dentro la crisi del Coronavirus, sta mettendo allo scoperto aspetti inquietanti della cultura, della scienza, interrogativi sulla capacità di un pensiero libero di esprimersi scevro da ogni timore. Interrogativi sui valori.


Importanti a questo riguardo le riflessioni di un grande intellettuale da poco scomparso, Emanuele Severino, che diceva:


Le spiegazioni della crisi del nostro tempo rimangono molto in superficie anche quando vogliono andare in profondità. Il fenomeno di fondo, che non viene adeguatamente affrontato, è l’abbandono, nel mondo, dei valori della tradizione occidentale; e questo mentre le forme della modernità dell’Occidente si sono affermate dovunque. Un abbandono che si porta via ogni forma di assoluto – e innanzitutto Dio.(…) Muore, dicevo, ogni forma di assolutezza e di assolutismo, dunque anche quella forma di assoluto che è lo Stato moderno, che detiene – dice Weber “il monopolio legittimo della violenza”. Questo grande turbine che si porta via tutte le forme della tradizione è guidato dalla tecnica moderna – ed è irresistibile nella misura in cui ascolta la voce che proviene dal sottosuolo del pensiero filosofico del nostro tempo. Il turbine travolge anche le strutture statali. Investe innanzitutto le forme più deboli di Stato. (…) La trasformazione epocale di cui parlo non è indolore: il vecchio ordine non intende morire, ma è sempre più incapace di funzionare, soprattutto in Paesi come l’Italia. E il nuovo ordine non ha ancora preso le redini. È la fase più pericolosa, non solo per l’Italia. *


* Il brano è tratto dall'intervista di Silvia Truzzi a Emanuele Severino, “Ecco perché la giovane Italia va in malora”, pubblicata su il Fatto Quotidiano, 17dicembre 2013

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